giovedì 10 febbraio 2011

librofilia...

Credo che l'etimologia delle parole con cui chiamiamo le cose, racconti quelle cose dentro un suono, dentro una idea, in un rendere presente l'assente...
La parola libro racconta degli strati interni, intimi della corteccia, racconta lo sbucciare, il moto verso l'interno...
Ecco cos'è un libro per me: qualcosa di irrimediabilmente personale
qualcosa che ti ri-conosce, potenzia il sentire...qualcosa che ti sbuccia...che ti lascia addosso tracce.
Qualcosa che da dipendenza, la relazione intima che si crea perchè dei libri si ama l'odore della carta, si sfiora la consistenza, si aprono i segreti; che accompagna ovunque e dà sicurezza, che ti tiene sveglia di notte, che ti distrae di giorno, che ti sussurra ricordi e misteriose connessioni, che parla per differenze ed analogie...
qualcosa con cui misuri il mondo e lo dilati...

La librofilia, la mia dolce ossessione, scatenata rovinosamente dalla terapeutica lettura del libro di Daniel Pennac Come un romanzo ;) ormai diversi anni or sono, mi porta a percorrere sentieri irregolari, frammentati, dissestati, plurali, causuali o progettati, a tracciare mappe di un percorso immaginario, ad innamorarmi di un viaggio, di un autore; poi ad averne abbastanza, a trovarmi immobile, a cercare di nuovo...

La librofilia è bulimica: conduce a leggere diversi libri contemporaneamente...a fare della simultaneità della lettura una religione, lo stimolo ad un funzionamento "rizomatico" delle idee, ad avere nella giornata appuntamenti diversi, a fare di  Alla ricerca del tempo perduto di Marcel Proust edizione integrale il sottofondo meditato di mesi e a ricostruirci intorno la tua infanzia, la tua vita e i suoi odori, gli oggetti, le ombre, le febbri, le paure, le gioie infinitesimali...

Sul mio comodino immaginario e debordante ;) in questo momento ci sono:

-Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto;

-Wislawa Szymborska, Discorso all'ufficio oggetti smarriti;

-Angela Vettese, Si fa con tutto

-Inoue Yasushi, Ricordi di mia madre 
Quasi al termine del libro c'è un verso di un poeta giapponese, uno dei pochi ricordi di una anziana madre alla fine della vita, attribuito nel testo ad una storia del XII secolo:
"Da quando udito ebbi dal vento che mio padre a Koya dimorava...
giorno dopo giorno tristi guanciali d'erba"
poi il ricordo si interrompe, come un disco rotto, nella mente della madre del narratore.

Non so ancora se ci siano reali connessioni ma...il prossimo libro che ho acquistato prima di terminare la lettura di Ricordi di mia madre e che ho appena iniziato di Soseki Natsume si intitola...
Guanciale d'erba...